“Ricordo, due anni fa in piena pandemia, le prime telefonate per promuovere l’idea di Radici Future. C’era un’idea, non c’era ancora un nome per il festival, ma a sentir crescere l’appoggio ogni volta che presentavamo il nostro progetto ricevevamo forza per andare avanti”. Marzio Xausa, presidente e AD della “Maroso Ivo Enzo Srl” e consigliere del Raggruppamento Bassano di Confindustria Vicenza, è uno dei fondatori del festival che ha messo al centro sostenibilità ed etica d’impresa. Si avvicina la seconda edizione ed è l’occasione per tracciare un bilancio del biennio appena trascorso, lanciando lo sguardo alle prossime sfide.
Com’è nato Radici Future?
“Da un’idea maturata tra amici e consolidata da una serie di telefonate. L’idea si è man mano affinata, divenendo un progetto steso su carta, con relativa organizzazione di uno staff e lo scorso autunno il progetto si è reso concreto in una tre giorni aperta alla città. Quest’anno si ritorna, anche perché il festival si è dato un orizzonte decennale”.
Quali sono i punti di forza di Radici Future?
“Innanzitutto riuscire ad affrontare temi di strettissima attualità, coinvolgendo direttamente l’impresa e il mondo del lavoro. Poi, aver coinvolto il Bassanese, lavorando in chiave globale e locale. Infine, per quanto riguarda la squadra che si occupa dell’organizzazione, aver messo allo stesso tavolo generazioni diverse facendole dialogare nel segno di una sana contaminazione”.
E tra i suoi ricordi? Ce n’è già qualcuno che merita di essere conservato?
“Sono molti. Scelgo in particolare la partecipazione delle scuole alle masterclass e agli altri momenti formativi. Un segno dell’interesse per Radici Future anche da parte degli insegnanti”.
Altri aspetti da conservare?
“Senza dubbio l’interesse da parte delle aziende e, sul piano dell’intensità emotiva, le serate a Villa Rezzonico che abbiamo contribuito e inaugurare appena conclusi i restauri che l’hanno riportata alla bellezza delle origini”.
Quali sono gli auspici per la nuova edizione?
“Innanzitutto che ci sia una partecipazione ancora maggiore rispetto allo scorso anno, non solo in termini di numeri ma anche di coinvolgimento. Poi che il mondo dell’impresa acquisisca consapevolezza del proprio ruolo anche civico e sociale. In questo senso mi piace citare una frase che ho sentito pronunciare un paio di anni fa da Enrico Loccioni, titolare dell’azienda omonima che fa scuola nel welfare: “Il nostro obiettivo deve essere lasciare ciò che abbiamo trovato migliore di come l’abbiamo trovato””.