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Carbon footprint: cambiare passo per lasciare un segno

La strada verso un futuro sostenibile passa anche dalla misurazione/gestione del “peso” della propria impronta di carbonio.
  • Il concetto di carbon footprint rientra in quello più ampio di impronta ecologica, ovvero il calcolo di quante risorse ciascuno di noi consuma rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle.
  • L’impronta carbonica è un parametro che consente di calcolare le emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra nell’atmosfera generate in modo diretto e indiretto. 
  • Nel 2020, il Green Deal europeo ha posto obiettivi ambiziosi che includono la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. 

  • Dal GHG Protocol a Scope 1, 2 e 3: scopriamo come calcolare la carbon footprint e come vengono abitualmente classificate le fonti emissive.

Impronta di valore


Si dice che anche le impronte più piccole lascino un segno in questo mondo. Positivo o negativo, tutto o quasi dipende da chi e da come lascia questo segno.

Nel dibattito sulla sostenibilità, il termine carbon footprint riveste grande importanza. Si tratta di un indicatore utile e prezioso: tramite esso si possono quantificare le emissioni in atmosfera di gas serra. Il risultato non è fine a se stesso: può aiutare, eccome, le aziende. A patto, però, che il tema sia sentito a tutti i livelli, senza essere calato dall’alto. Questo non solo per evitare l’ecologismo di facciata. Occorre reimpostare il proprio business con visione e lucidità secondo le direttrici che governano i principi della sostenibilità (a 360°). Questo è ciò su cui molte aziende, in Italia e nel mondo, si stanno impegnando attivamente. Nella consapevolezza che parlare di impronta ecologica e di carbon neutrality non è solo un obbligo per un’impresa: si tratta anche, e soprattutto, di un’opportunità.

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Cosa s’intende con carbon footprint 


Il concetto di carbon footprint rientra in quello più ampio di impronta ecologica. Questo macro indicatore quantifica il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle.

Nello specifico, la carbon footprint è un parametro che consente di calcolare le emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra in atmosfera, generate in modo diretto o indiretto. Accanto all’anidride carbonica (da cui deriva il nome), vengono considerati, tra gli altri, anche:

  • metano (CH4);
  • protossido di azoto (N2O);
  • idrofluorocarburi (HFCs);
  • perfluorocarburi (PFC);
  • esafluoruro di zolfo (SF6).

A indicare questi gas nel calcolo dell’impronta di carbonio è stato, nel 1997, il Protocollo di Kyoto. L’accordo internazionale ha stabilito precisi obiettivi per il taglio delle emissioni di GHG¹ da parte dei Paesi che vi hanno aderito.

Perché è un fattore così rilevante


Come specificano gli esperti, non sono tanto i greenhouse gas (GHG) il problema, quanto la loro concentrazione in atmosfera. Ciò per la loro
capacità climalterante. Trattenendo le radiazioni infrarosse emesse dalla superficie terrestre, vanno a impattare sul bilancio dell’energia globale del sistema atmosfera-Terra. Ciò si traduce nell’effetto serra che contribuisce al riscaldamento globale del pianeta.
Numerosi studi concordano nel ritenere l’accumulo di questi gas causato prettamente dall’attività dell’uomo: qualsiasi attività, dalla più piccola alla più grande. Ecco perché è essenziale ridurre le emissioni di CO2 e di altri gas serra. In questo senso, l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015² richiede di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C in più rispetto ai livelli preindustriali. E di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C. 

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Il valore per le aziende


Nel 2020, l’Unione europea ha rilanciato, varando un pacchetto di iniziative sul clima. Al centro vi è la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030, con l’obiettivo di raggiungere la
neutralità climatica entro il 2050. Bruxelles evidenzia come, per raggiungere questi obiettivi ambiziosi e non procrastinabili serva una transizione che:

  • coinvolga tutti i settori dell’economia;
  • sia socialmente equilibrata e giusta.

Ciascuno, insomma, può e deve fare la sua parte. Per quanto riguarda un’azienda, il calcolo della carbon footprint permette di identificare le aree, i settori o le fasi produttive che contribuiscono maggiormente alla produzione di gas serra. Una volta quantificate le emissioni, è possibile stabilire dei piani di riduzione dell’impronta carbonica. Limitando gli impatti lungo la catena del valore oppure andando a compensare le emissioni generate.

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Come calcolare la carbon footprint


Per misurare e gestire la carbon footprint, i due principali metodi sono:

  • la serie di norme ISO 14060 dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione, in particolare la ISO 14064;
  • il GHG Protocol, sviluppato dal World Resource Institute (WRI) e dal World Business Council for Sustainable Development (WBCSD)³. 

Nel calcolo vengono considerate sia le emissioni di GHG prodotte direttamente da un’organizzazione, sia quelle indirette. Scope 1, 2 e 3 sono le tre macro-classi che raggruppano le varie fonti emissive. Scope 1 fa riferimento alle emissioni dirette generate durante lo svolgimento delle proprie attività (generazione di elettricità, trasporto di materiali con veicoli aziendali, ecc.). Scope 2 include le emissioni derivanti dall’acquisto di elettricità, calore e raffreddamento per usi aziendali. Scope 3, infine, contempla tutte le altre emissioni indirette generate dalle attività dell’organizzazione derivanti da fonti che non possiedono o non controllano. Un esempio è il trasporto e la distribuzione dei prodotti.

 

NOTE

¹ GHG è l’acronimo inglese per greenhouse gas, ovvero gas a effetto serra. Tra i principali gas climalteranti troviamo anidride carbonica, protossido di azoto e metano. Questa definizione include gli agenti responsabili del cambiamento climatico.

² L’accordo di Parigi sul sito dell’ONU

³ Per approfondire: GHG Protocol